Come funziona il Retrofit elettrico?
Non è prevista alcuna discriminante per effettuare il retrofit elettrico, quindi è possibile applicarlo anche su auto ferme in garage, che potrebbero acquisire una nuova vita grazie alla sostituzione del motore. Chiaramente, si tratta di un’operazione assolutamente sconsigliata per i collezionisti e gli appassionati di auto d’epoca, considerando che l’autenticità di tali veicoli verrebbe inevitabilmente compromessa a causa di una trasformazione del genere. Comunque sia, il sistema di riqualificazione elettrica, ovvero la denominazione tecnica con cui ci si riferisce a questa pratica, è eseguibile su qualunque motorizzazione disponibile sul mercato.
Il kit di Retrofit elettrico è formato da quattro elementi essenziali: batteria agli ioni di litio, motore elettrico, sistemi di controllo per l’adeguamento alla nuova alimentazione e cablaggio. Una volta individuata la capacità della batteria da installare (un’auto leggera non potrà servirsi di un accumulatore eccessivamente capiente), il tecnico chiamato al montaggio dovrà mantenere la disposizione originaria dei componenti invariata, ma ciò non è sempre possibile. Infatti, per un intervento del genere, non c’è uno schema ben definito, anche se generalmente la nuova conformazione richiede minore spazio rispetto quella base. Una volta conclusi i lavori di trasformazione, si procede all’omologazione della vettura, che si traduce in un piccolo aggiornamento della carta di circolazione, così da essere in regola con la documentazione del PRA. Questo passaggio si esegue dopo che la Motorizzazione Civile ha eseguito un attento collaudo e prevede un costo finale che viene sostenuto dall’utente.
Nella quasi totalità dei Paesi appartenenti all’Unione Europea è possibile convertire un veicolo elettrico e circolare in maniera legale. D’altronde, l’omologazione della conversione di un’auto endotermica in una elettrica si effettua in Motorizzazione Civile, ovvero la medesima procedura che si effettua nel collaudo impianto a metano/GPL. È necessario, però, che il produttore del kit del retrofit sia accreditato dal Ministero dei Trasporti, dimostrando che sia capace di realizzare tale kit seguendo un rigido ciclo produttivo che assicuri la massima qualità, così da permettere a qualsiasi officina autorizzata di installarlo seguendo le istruzioni del costruttore e rispettando le relative specifiche. Quindi, il produttore deve assicurarsi di realizzare le condizioni necessarie per l’omologazione e, allo stesso tempo, fornire le dovute prescrizioni per l’installazione, che verrà effettuata in seguito dall’officina specializzata a regola d’arte.
Ciò significa che il kit, al momento del montaggio, deve rispettare le stringenti normative in materia di sicurezza e omologazione, quindi non può essere “fai-da-te”, ma progettato, costruito e certificato da aziende specializzate in quest’ambito, così come funziona, per esempio, per i pneumatici maggiorati.
In Italia, il Retrofit elettrico viene regolamentato dal Decreto Retrofit, introdotto il 1° dicembre 2015, entrato in vigore a partire dal 26 gennaio 2016. Il contenuto di questa iniziativa del legislatore prevede essenzialmente l’abolizione del nullaosta da parte dell’azienda costruttrice, ovvero una clausola che rendeva praticamente impossibile qualsiasi modifica a una vettura senza che vi sia l’autorizzazione della casa che l’ha prodotta. Oltre a ciò, dopo aver completato la trasformazione, bisogna immatricolare nuovamente l’auto come veicolo unico, provocando una spese non indifferente in bolli e pratiche, raggiungendo importi di svariate migliaia di euro.